Sunday, May 28, 2006
Friday, May 26, 2006
Sir Francis Drake
Ciao Mario, come va? Mi fai una tennent's super media? Grazie
Ciao Mario, come va? Mi fai una tennent's super media? Grazie
Ciao Mario, come va? Mi fai una tennent's super media? Grazie
Non è più il locale fumoso e deserto da serate introspettive contemplando jazz e blues
Adesso è il locale di monelli in piedi che "Coccoluto spacca a nastro"
E durante i primi 20 minuti la sensazione di essere un estraneo è immedicabile.
La serata è scivolata liscia, ambrata e corposa. Il cervello alla temperatura di 9°.
Poi, i soliti sogni.
Poesie di W.H.Auden al risveglio. Alle
Thursday, May 25, 2006
Un disco per l'estate
Mentre passeggio scombiccherato per le vie del centro cittadino ascolto "Da capo" dei Love.
Decisamente ha tutte le carte in regola per diventare uno dei dischi dell'estate. Direttamente dall'anno di grazia/estate dell'amore 1967 capicollato fino all'estate dell'onore/odore 2006.
In ritardo di 39 anni. The castle su tutto il resto con la chitarra di Lee che in maniera lisergicherrima sfuma in flamenco. E orange skies, più per il titolo che per effettiva dignità musicale. Ma tant'è. Alle/Gordie Lachance
Tuesday, May 23, 2006
Monday, May 22, 2006
Vado al solito campo a fare due tiri a basket, assorbire un pò di sole e pensare. Il basket imita la vita che imita l'arte che imita il cinema? Arrivo alla conclusione che in fin dei conti nella pallacanestro c'è solo una direzione possibile, al canestro al centro del rettangolo in plexiglas. E non c'è bisogno di mirare. Se lo fai, sbagli. La poesia, il cinema e l'arte hanno un numero eccessivo di variazioni. Il signor Frost aveva ragione su un punto: ci sono sempre promesse da mantenere e variazioni su quel tema. Infine nel basket puoi correggere i tuoi errori immediatamente e in maniera sublime, a mezz'aria.
Alle
Sunday, May 21, 2006
Everybody's been burned before
Everybody knows the pain
Anyone in this place
Can tell you to your face
Why you shouldn't try to love someone
Everybody knows it never works
Everybody knows, and me I know that door
That shuts just before
You get to the dream you see
(The Byrds: " Everybody's Been Burned" Da "Younger than Yesterday", 1967)
Saturday, May 20, 2006
Verità, comizi, code di paglia e notti fonde
Pubblico i pensieri di una persona che negli ultimissimi giorni dice e non dice, allude e "parla" bisbigliando. Ma soprattutto la ringrazio perchè a suo tempo ha "detto", omaggiando la verità e tutto quello che sono, forse. Alle
"Caro Diario,sono anni che non affido più alle tue pagine i miei pensieri più reconditi, le mie emozioni più viscerali ed i miei sentimenti più avidi di vita. Ho lentamente abbandonato questo nostro intimo incontro quotidiano per lasciare sempre maggiore spazio alle confidenze che ho riposto nelle mani delle persone che mi stavano accanto, che si credevano o che si fingevano amiche in quel momento. Per anni ho pensato, ho creduto, ho sperato di riuscir a condividere ogni mio stato d’animo con qualcun altro che non fosse la voce della mia coscienza. Con accanimento e dedizione verso il futuro e verso il destino, non ho mai smesso di cercare quel qualcuno. Intenta nella mia affannosa ricerca, ho avuto il privilegio di incontrare sublimi creature, molto diverse fra loro, fragili ed allo stesso tempo così forti e complesse. Tuttavia, nessuna di queste è mai riuscita appieno a soddisfare la mia sete, la mia fame, il mio volermi aprire al mondo…Mi sono spogliata d’ogni veste, ho abbassato ogni difesa morale, ho aperto i cancelli della mia anima, ma non ho trovato le risposte che cercavo, la mia inquietudine non si è affievolita e il mio eterno peregrinare sta cominciando a logorarmi. Sono esausta, dilaniata dalle piccole e grandi delusioni, ma non perdo l’intima speranza di incontrare un altro estimatore di sentimenti, un altro poeta malinconico, interprete del suo presente, cresciuto sul suo passato e avido del suo futuro. Prima di scendere i gradini verso l’ignoto mi siedo su questo pianerottolo illuminato e rivolgo il mio sguardo indietro. Un proiettore riproduce frammenti del mio passato su un candido muro asettico, mentre un lieve sorriso ammorbidisce le linee del mio viso segnato dalla vita…Oggi ritorno da te, con il capo chino di chi sa di aver tradito, di chi sa di aver sbagliato, di chi prova vergogna, di chi ha quasi perso il coraggio per affrontare, a viso aperto, il domani. Ho bisogno di fare una sosta, ho bisogno di ascoltarmi e di riascoltarti per ritrovare la forza e la fiducia per continuare il mio viaggio…" B.
Friday, May 19, 2006
Urlo
...che buttavano orologi dal tetto per gettare il loro voto all'Eternità fuori del Tempo, & per un decennio dopo le sveglie cadevano ogni giorno sul loro capo, che si tagliavano i polsi tre volte di seguito senza seguito, rinunciavano ed erano costretti ad aprire negozi di antiquariato dove credevano di invecchiare e piangevano.
Allen Ginsberg
Serata con G.L., parlare fitto fitto fino alle 2. Frammenti di dialogo:
Io: "Ho come la sensazione per certi versi di essere troppo duro, ma forse lo sono solo di comprendonio"
G.L. "Vado raramente al cinema, non vedo mai film...Per me il cinema è stato come quegli amori troppo grandi che quando finiscono non può rimanere nemmeno l'amicizia"
Io: "Ho smesso di suonare per diverso tempo, la chitarra era diventata come una ragazza della porta accanto, che amavo così perdutamente da doverla ignorare"
Wednesday, May 17, 2006
Monday, May 15, 2006
Al parco con Giù e: l'aria/la pallina da tennis/pipistrelli come stelle cadenti ed esprimo ugualmente i miei desideri/maglioncino/Pittsburg al guinzaglio/addominali/il nuovo video dei non mi ricordo il nome/confessioni sull'igiene personale/la nuvola di deodorante di Benassi/bagliori di scoramento immedicabile/voglia di tappeti elastici/malinconoia/giorno e notte mangi e non ingrassi dormi e dimagrisci/sms inopportuni/non trovo la posizione per stare seduto-sdraiato/mi guardi mentre non ti guardo/guazza/Meg Ryan/Aran Benjo/centinaia di nadre a circondarci/mi fai ridere e sorridere/la mia teoria sull'avvenenza fisica connessa all'(sic)innamoramento/mi sorprendo più volte a guardare nel vuoto/ il parco Amendola è sempre il parco Amendola/i silenzi che non imbarazzano/accenno di tachicardia/mi prendi in giro/mi "scrocchi" la schiena/ecc ecc/ecc ecc/..../..../..../
Davvero, devo fare qualcosa per la mia situazione. Domani comincerò a studiare variazioni sul tema. Non so per quanto tempo ancora potrò sostenere la mia sanità mentale sopra il livello del mare in questi giorni in cui la mia vita non è che un lungo, inflessibile interludio tragicomico.
Gordie
Sunday, May 14, 2006
Comincio praticamente autocitandomi, riportando alla luce e ripubblicando un breve racconto scritto 5 anni fa per il sito di F. (non taglio, non cucio e non modifico nulla, anche se mi imbarazza il modo in cui è scritto. Non ha importanza se nel tempo trascorso ho letto diversi libri 'giusti' più che altro per darmi un tono. O un topo, o un toro.)
Bologna, tardo autunno (2001)
Io e Roberto, dopo una mattinata al Museo di arte Moderna, siamo andati al parco a vedere i colori di fine autunno prima che si stacchino dai rami e scompaiano macerati sotto le scarpette chic e l’inverno. Non c’era in vista quasi nessuno e il parco sembrava due volte più grande.
Ormai eravamo in mezzo al grande prato, il sole degli inizi dell’inverno non aveva da offrire calore autentico, ma garantiva un effetto placebo. Gli alberi verso i quali stavamo camminando erano incendiati di colore. Un arancio fulgido serpeggiava nel viola cupo a formare strani geroglifici e simboli, come marchi impressi nella pelle di qualche animale druidico. Non avevano nulla da invidiare a quanto aveva da offrire il museo. Anch’essi possedevano l’indefinibile qualità della grande arte. Quando ci siamo avvicinati di più abbiamo visto dissolversi lo splendore prodotto dalla lontananza e come il vento e il gelo di novembre avessero riscosso il loro prezzo. Quanto ci era sembrato rigoglioso e saturo solo due minuti e cento metri prima, ora ci appariva spoglio e spento. Sotto di noi crepitavano a mucchi le foglie scartate e accartocciate. Ci siamo accorti che sui rami resistevano solo file di caparbi residui appesi a casaccio, quanto bastava perché, con il gioco della distanza, ne risultasse l’immagine fantasma di una bellezza trascorsa. Le illusioni di cui è capace la natura non sono uguagliabili nemmeno dall’arte più squisita. Il mostro marchiato a fuoco che avevamo visto quando eravamo ancora nel prato ora non era altro che un albero denudato. Mentre ci dirigevamo verso l’uscita, ci siamo girati per un ultimo sguardo. Eravamo troppo vicini per cogliere la magia. C’era solo un uccello solitario su un ramo. Ha alzato la testa in un atteggiamento di maestà, come se fosse lui il responsabile della straordinaria opera di mistificazione di cui eravamo caduti vittime.
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Bologna, tardo autunno (2001)
Io e Roberto, dopo una mattinata al Museo di arte Moderna, siamo andati al parco a vedere i colori di fine autunno prima che si stacchino dai rami e scompaiano macerati sotto le scarpette chic e l’inverno. Non c’era in vista quasi nessuno e il parco sembrava due volte più grande.
Ormai eravamo in mezzo al grande prato, il sole degli inizi dell’inverno non aveva da offrire calore autentico, ma garantiva un effetto placebo. Gli alberi verso i quali stavamo camminando erano incendiati di colore. Un arancio fulgido serpeggiava nel viola cupo a formare strani geroglifici e simboli, come marchi impressi nella pelle di qualche animale druidico. Non avevano nulla da invidiare a quanto aveva da offrire il museo. Anch’essi possedevano l’indefinibile qualità della grande arte. Quando ci siamo avvicinati di più abbiamo visto dissolversi lo splendore prodotto dalla lontananza e come il vento e il gelo di novembre avessero riscosso il loro prezzo. Quanto ci era sembrato rigoglioso e saturo solo due minuti e cento metri prima, ora ci appariva spoglio e spento. Sotto di noi crepitavano a mucchi le foglie scartate e accartocciate. Ci siamo accorti che sui rami resistevano solo file di caparbi residui appesi a casaccio, quanto bastava perché, con il gioco della distanza, ne risultasse l’immagine fantasma di una bellezza trascorsa. Le illusioni di cui è capace la natura non sono uguagliabili nemmeno dall’arte più squisita. Il mostro marchiato a fuoco che avevamo visto quando eravamo ancora nel prato ora non era altro che un albero denudato. Mentre ci dirigevamo verso l’uscita, ci siamo girati per un ultimo sguardo. Eravamo troppo vicini per cogliere la magia. C’era solo un uccello solitario su un ramo. Ha alzato la testa in un atteggiamento di maestà, come se fosse lui il responsabile della straordinaria opera di mistificazione di cui eravamo caduti vittime.
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